Ben due anni fa, quando ancora non si era innescato l’incubo generato da questa terribile pandemia, il Gruppo Astrofili Galileo Galilei donava a Civitavecchia, insieme all’Aster Academy International, la visione della Luna, per omaggiare una data storica per il progresso umano ovvero il cinquantesimo anniversario dell’allunaggio (Link della serata). 

Quel giorno il GrAG rimarcava il risultato raggiunto, all’epoca ai limiti dell’immaginario umano, con aneddoti e curiosità della missione, il tutto arricchito dalla gioia dei partecipanti, dovuta all’osservazione con i telescopi. 

La narrazione in quell’occasione si concentrò principalmente su quei tre magnifici uomini che avevano portato a compimento quell’impresa incredibile. 

Quest’anno abbiamo deciso, invece, di rivivere l’evento da dietro le quinte, cercando di portare alla luce e valorizzare il lavoro delle tante persone che, lontano dai riflettori, hanno reso possibile quello che potrebbe sembrare scontato. Geniali creatori di complesse equazioni matematiche, di innovazioni e scoperte; sono quei pionieri che contribuiscono ancora oggi a migliorare la qualità della nostra vita. 

Studiare la biografia delle figure che hanno reso possibile questa impresa rappresenta un’opportunità davvero affascinante e una sfida intellettuale. Nello specifico vogliamo soffermarci, in modo particolare, sulla scienziata che ha saputo tener testa a discriminazioni di ogni genere, sapendole trasformare in energia per la conquista della Luna e dello spazio:

Creola Katherine Johnson.

Addio a Katherine Johnson, la matematica che portò l'uomo nello spazio

Nasce a White Sulphur Springs, un piccolo centro della West Virginia, il 26 agosto 1918, da madre insegnante e padre che svolgeva diversi mestieri. Ultima di quattro figli, crescendo, Katherine, fece capire fin da subito la propria propensione allo studio e, nonostante abbia dovuto affrontare i problemi discriminatori riguardanti il suo colore della pelle, la giovane riuscì, appena diciottenne, a laurearsi in francese e matematica, quest’ultima il suo cavallo di battaglia, con tanto di lode. 

Apprezzata per le sue doti Katherine, si da subito iniziò ad insegnare in una scuola afroamericana, per poi sposarsi nel 1935 con James Francis Goble, dal quale ebbe tre figlie: Costanza, Joylette e Katherine. 

Nello stesso anno viene a sapere di un concorso, accessibile anche agli afroamericani, bandito dalla “National Advisory Committee for Aeronautics’” (NACA l’odierna NASA), dove viene subito assunta, prestando servizio fino al 1958. 

Alla Johnson, in principio, venne dato il compito di analizzare i dati delle scatole nere degli aerei, mansione che svolse così bene, tanto che finì per diventare, insieme a un collega, protagonista di una ricerca solitamente affidata al personale maschile.

Quanto appena descritto con parole semplici può sembraci scontato, vale invece la pena ricordare le enormi difficoltà a cui la giovane andò incontro, vessata da pesanti discriminazioni razziste e sessiste: ricordiamo infatti che in quegli anni lei e i suoi colleghi afroamericani, proprio per il colore della loro pelle erano costretti ad organizzare diversamente la propria giornata lavorativa, costretti com’erano ad utilizzare luoghi, mense, servizi igienici  separati e distinti da quelli destinati  ai loro colleghi bianchi, condannati ad un vero e proprio apartheid.

La Johnson, temprata da queste avversità, non si perse d’animo riuscendo a far emergere le sue competenze. La caparbietà che la caratterizzava e le sue doti non passarono inosservate.  Dal 1958, dopo lo scioglimento del suo gruppo di ricerca, fu nominata ingegnere aereo spaziale della NASA, incarico che tenne fino al 1986.

Il 1960 la vide come coautrice di un rapporto contenente l’equazione che permetteva di calcolare la posizione esatta di atterraggio di un veicolo spaziale; fu la prima donna a ottenere crediti nelladivisione di ricerca di volo come autrice di un report.  In quegli anni partecipò da protagonista assoluta al programma Mercury, o progetto Mercury, che prevedeva, novità sensazionale per quei tempi, missioni spaziali con equipaggio, in una corsa contro il nemico di sempre, l’U.R.S.S., anch’essa impegnata per la “conquista” dello spazio. 

La svolta professionale della Johnson avvenne a partire dal 1962, quando la NASA cominciò di utilizzare i primi calcolatori elettronici, in quell’occasione l’astronauta John Glenn si rifiutò perentoriamente di volare a meno che Katherine non confermasse i calcoli. Questo ci da la “cifra” della considerazione in cui era tenuta.  Ma non è tutto, nel 1969 fu lei a calcolare la traiettoria per la missione sulla luna dell’Apollo 11; quel fatidico 20 luglio era presente all’allunaggio, raccolta con pochi altri del suo staff attorno a un piccolo schermo televisivo. In quel “piccolo passo” compiuto sulla luna da Armstrong (One small step for a man, one giant leap for mankind questo ciò che disse l’astronauta) c’è molto del lavoro svolto dalla scienziata.

Nel 1970 lavorò alla sfortunata missione Apollo 13 e aiutò l’equipaggio a tornare sano e salvo sulla Terra in seguito all’interruzione della stessa. 

Nel 1986, a più di settanta anni, 50 dei quali dedicati alla scienza, la Johnson si è ritirata, a questo proposito meritano una riflessione le dichiarazione che rilasciò in quell’occasione, indicative della semplicità di questa donna e della sua costanza: “ho amato andare a lavoro ogni singolo giorno”.

Tra tutti i suoi dottorati e premi conquistati, ricordiamo la consegna nel 2015 da parte di Barack Obama, l’allora Presidente degli Stati Uniti, della Medal of Freedom, la più alta onorificenza civile negli USA. 

Katherine Johnson si è spenta nel febbraio del 2020 all’età di 101 anni, lasciando in eredità l’immagine di una donna che ha saputo superare enormi difficoltà, affermando con forza la propria libertà nel perseguire e realizzare gli obiettivi che si era prefissata e, di conseguenza, i suoi sogni.

La vita di questa scienziata e quella delle sue colleghe afroamericane, Mary Winston Jackson e Dorothy Johnson Vaughan, anch’esse pioniere nella scienza spaziale e informatica, ha ispirato la sceneggiatura del film, “Il diritto di contare”, tratto dall’omonimo libro.

Ringrazio il socio G. Gentili per il prezioso sostegno e la mia mamma che, a soli sedici anni, seguì questo viaggio nella storia con pochi spicci inseriti nel televisore di un ospedale.

Y.V.

L'ultimo incontro con Katherine Johnson - BFCspace