Una Donna.
Una di quelle che ha dedicato la sua vita alla ricerca astronomica.
Sembrerebbe tutto banale fin qui, ma è la storia di chi ha scoperto parte della composizione dell’universo.
Siamo fieri di condividere con chi leggerà questo articolo la storia di una vita di sacrifici e silenzioso talento.
Lei è Cecilia Payne, nasce vicino Londra il 10 maggio 1900, primogenita orfana di padre.
Poliglotta e interessata alle materie scientifiche e artistiche, si trasferisce con la famiglia a Londra, nel suo percorso di studio non troverà inizialmente stimoli adeguati se non durante la frequentazione del St. Paul Girls’ School, dove trovò l’ispirazione per inseguire i suoi sogni. Si trasferisce nel 1919 all’Università di Cambridge, seguendo il corso di Chimica e Botanica, consapevole che non era previsto, in quel periodo storico, il riconoscimento della laurea, in ambito scientifico, alle donne.
Il primo gennaio 1925, nonostante innumerevoli difficoltà, consegue un dottorato di ricerca, prima donna ad Harvard, con una tesi intitolata “Atmosfere Stellari” dove dimostra, applicando metodi innovativi, che l’idrogeno è il principale costituente delle stelle, distruggendo così tutte le convinzioni degli astrofisici del tempo, certi che le stelle fossero composte da atomi pesanti, simile alla crosta terrestre. Cecilia condivise il suo lavoro con il professore con cui collaborava, Herry Norris Russel, tesi che inizialmente venne boicottata dallo stesso ma che successivamente la pubblicò facendola propria e citando la Payne solo marginalmente.
Cecilia Payne continua a lavorare in campo astrofisico per l’università di Cambridge, in un ruolo non riconosciuto ufficialmente, sotto la direzione del prof. Shapley l’unico che per lei si battè, riuscendo a farle ottenere il riconoscimento del titolo di astronomo. Cecilia, nonostante tenesse diversi corsi all’università di Harvard, soltanto nel 1956 venne riconosciuta ufficialmente docente e divenne direttore del dipartimento di astronomia fino al 1965, quando si ritirò per intraprendere una serie di viaggi in tutto il mondo con il marito, l’astrofisico russo Sergei I. Gaposchkin.
Il 7 dicembre 1979 muore a Cambridge per un tumore ai polmoni.
Negli ultimi anni della sua vita scrive la propria autobiografia e quando, nel 1976, le viene assegnato il più alto riconoscimento della società astronomica americana, lo dedica ironicamente proprio a colui che aveva negato la sua scoperta.
L’asteroide 2039 prende il suo nome. Le è stata dedicata anche una patera (struttura geologica costituita da una struttura crateriforme) sul pianeta Venere.
Noi la vogliamo ricordare così:
” Essere una donna è stato un grande svantaggio. È un racconto di salari bassi, mancanza di Status, progressione lenta. Ma ho raggiunto vette che non avrei mai osato immaginare cinquant’anni fa, neanche nei miei sogni. È stato un caso di sopravvivenza, di persistenza accanita.“
Noi astrofili, appassionati e amatori, possiamo solo ringraziarti per la tua determinazione, per la passione che ci accomuna e perché, se oggi conosciamo di cosa è fatta una Stella, è perché tu non hai mollato mai.
Buon compleanno!
Il GrAG.
Y.V.