Il termine cometa viene dal greco kométes, cioè chiomato, dotato di chioma, come quella della cometa Wirtanen che in questi giorni è visibile nei nostri cieli.
Le comete sono composte da ghiacci, anidride carbonica, metano, ammoniaca, rocce e polvere, sono insomma, per usare la definizione coniata nel 1949 da E. Whipple, della “palle di neve sporca” in media di circa 20 km di diametro.
Quando una cometa si avvicina, nella sua orbita, il ghiaccio inizia a vaporizzare formando una chioma diffusa attorno al nucleo: un’enorme nube di idrogeno, prodotta dalla scomposizione delle molecole di acqua causata dalla radiazione solare, avvolge la cometa. Polvere e gas vengono espulsi con violenti getti nel lato esposto al sole. Gli atomi ionizzati vengono allontanati direttamente dal vento solare formando code di ioni dritte nella direzione opposta a quella del sole. Le particelle di polvere, invece, non vengono spinte dal vento solare ma dalla pressione di radiazione, creando delle code di polvere larghe e piatte. Entrambe le tipologie di coda divengono sempre più grandi man mano che la cometa si avvicina al sole e in alcuni casi possono arrivare a dimensioni di anche cento milioni di km (la distanza Terra Sole è di 149 milioni di km).
Nel loro moto intorno al sole le comete disperdono, quindi, particelle di polvere che, quando intersecano l’orbita terrestre, generano gli sciami meteorici.
Al massimo avvicinamento al Sole si raggiungono picchi di perdita di massa che variano tra i 100 e 10.000 kg al secondo. Le comete si evolvono perciò molto rapidamente e hanno una vita relativamente breve, che le porta a spegnersi (se la polvere forma una crosta e interrompe quindi l’attività di sublimazione) o a frammentarsi.
I nuclei cometari sono planetesimi primordiali, residui della formazione del Sole e dei pianeti, confinati fin dalle prime fasi di formazione del Sistema solare (4.5 miliardi di anni fa) nelle sue parti più esterne e cioè nella Nube di Oort, una regione pressoché sferica che si estende fino alla distanza di circa 1.6 anni luce (o 100.000 volte la distanza Terra-Sole), che rappresenta il serbatoio delle comete di lungo periodo, e nella Fascia di Kuiper, molto più vicina, situata fra le 30 e 50 unità astronomiche, quindi immediatamente dopo l’orbita di Urano, da cui sono originate le comete di corto periodo. A fronte di circa 5500 comete conosciute, si ipotizza che la sola Nube di Oort contenga migliaia di miliardi di comete, per una massa totale pari a 5 Terre.
Si definiscono comete di corto periodo quelle che hanno un periodo orbitale inferiore a 200 anni e comete di lungo periodo quelle che percorrono orbite con elevate eccentricità e con periodi compresi tra 200 e migliaia o anche milioni di anni.
Fondamentale per lo studio delle comete sono state missioni come quelle delle sonde Giotto e Rosetta; quest’ultima doveva essere diretta verso la cometa Wirtanen, in questo periodo visibile, ma a causa di ritardi dovuti al vettore di lancio si optò per la cometa Churyumov-Gerasimenko. La sonda Rosetta per due anni ha orbitato intorno ad essa e, dopo aver sganciato un lander sulla sua superficie il 30 settembre 2016, ha terminato la sua missione impattando la cometa, fornendo, in tal modo, le ultime preziose informazioni sui gas della cometa, la sua polvere e l’ambiente del plasma molto vicini alla sua superficie. I risultati dell’analisi della composizione chimica della cometa gioviana 67P/Churyumov-Gerasimenko indicano che la polvere emessa da 67P nello spazio circostante è costituita per circa la metà della sua massa da anidride carbonica (CO2), monossido di carbonio (CO) e altri composti organici e da altri minerali non idrati. L’alto contenuto di carbonio presenta un valore simile a quello solare e comparabile con quello della cometa di Halley 1/P misurato durante il suo flyby nel 1986 dalla sonda Giotto.
La cometa sicuramente più famosa è proprio quella di Halley, cometa che prende il suo nome non in quanto scopritore, ma in quanto fu colui che ne calcolò l’orbita, convinto che fosse la stessa vista nel 1531 e nel 1607, e che sarebbe stata di nuovo visibile nel 1758. Puntualmente così avvenne, anche se Halley, che morì nel 1742, non poté mai vedere la cometa, i suoi colleghi la battezzarono in suo onore.
La cometa percorre la sua orbita in 76 anni, orbita che la porta vicino al Sole, poco oltre la distanza di Mercurio, fino ad arrivare poi oltre l’orbita di Nettuno.
Curiosità: Nel 1720, Halley venne nominato astronomo reale e direttore dell’Osservatorio di Greenwich, era amico di un certo Isac Newton e finanziò, su richiesta della Royal Society, le spese per la pubblicazione dei “Principia”.
Cometa di Halley nella notte tra il 13 ed il 14 marzo 1986 ripresa dalla sonda ESA Giotto dalla distanza di 596 km; la foto rivelò, per la prima volta, come appariva un nucleo comentario. Credit: ESA/Giotto/HMC – Copyright MPAe/MPS 1986
Rappresentazione dell’orbita della cometa di Halley. Credit Nasa.
Cometa Churyumov-Gerasimenko. La sonda Rosetta, nel 2014, ci ha fornito le prime immagini dettagliate di un nucleo commentario. Nell’ultima foto il lander Philae “accometa” dopo essere stato sganciato sulla sua superficie il 1 novembre 2014. Image Credit ESA/Rosetta/NAVCAM – CC BY-SA IGO 3.0. Copyright information: https://imagearchives.esac.esa.int/index.php?/page/copyright_information.