Nel 1965 Gary Flandro, ingegnere della NASA scoprì che, sfruttando un allineamento planetario che si verifica soltanto ogni 176 anni circa, sarebbe stato possibile inviare una sonda a esplorare, uno dopo l’altro, tutti i pianeti giganti del sistema solare: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. La meccanica celeste dava questa opportunità nel periodo 1976/1978. Qualche anno prima, nel 1961 Michael Minovitch scopri l’effetto “fionda gravitazionale” cioè la possibilità di sfruttare la gravità di pianeti e satelliti naturali per accelerare o deviare la traiettoria delle sonde spaziali.
Furono proprio questi studi le basi concettuali del progetto Voyager, che portò, nel 1977, al lancio delle sonde Voyager 1 e Voyager 2.
Il progetto nasce nel maggio 1972, lo stesso anno in cui la sonda Piooner 10 venne lanciata verso Giove, Venera 8 atterrò su Venere e il progetto Apollo si concluse.
Dopo tre anni di progettazione iniziò l’assemblaggio dei 65.000 componenti necessari alla costruzione delle due sonde gemelle Voyager 1 e Voyager 2. Grazie anche alla “miniaturizzazione dell’elettronica” che iniziava in quegli stessi anni con l’utilizzo delle piastre di silicio, le due sonde pesavano, al lancio, solo 825 kg e il loro aspetto era caratterizzato dalla grande antenna parabolica ad alto guadagno di ben 3,7 metri di diametro, necessaria per garantire le comunicazioni con la Terra dalle grandi distanze che le sonde erano destinate a raggiungere: le zone ancora inesplorate del sistema solare.
Proprio perché destinate ad allontanarsi così tanto dal sole, per l’alimentazione delle sonde non si scelsero “semplici” pannelli solari, ma tre generatori termoelettrici a radioisotopi che funzionavano con 14 kg di Plutonio 238 che, decadendo, produce calore trasformato poi in energia elettrica. Al lancio la potenza elettrica erogata era di 475 W ma da allora è andata diminuendo al ritmo di circa 4 W all’anno.
Voyager 2 venne lanciata il 20 agosto 1977 mentre la gemella Voyager 1 il successivo 5 settembre; anche se identiche quella lanciata per prima fu denominata Voyager 2 in quanto la sua traiettoria l’avrebbe portata a Giove e Saturno solo successivamente all’arrivo dell’altra sonda.
Le operazioni di funzionamento delle sonde erano e sono tutt’ora assicurate da 5 computer mentre i dati raccolti, quando non era possibile inviarli direttamente verso la Terra, potevano essere immagazzinati in un nastro magnetico ad 8 piste, che poteva conservare ben 12 immagini in memoria! Undici strumenti scientifici permettevano di compiere osservazioni nel visibile, nell’infrarosso e nell’ultravioletto, di misurare campi magnetici ecc. Fondamentale era l’apparato di radionavigazione che, misurando le perturbazioni delle traiettorie delle onde radio, era in grado di stimare la massa dei pianeti e dei satelliti avvicinati.
La missione principale delle due sonde era l’esplorazione di Giove e Saturno Urano e Nettuno. Voyager 1, pur riuscendo a raggiungere solo i primi due, ha fatto una serie di scoperte eccezionali come i vulcani attivi su Io, luna di Giove, o le complicazioni degli anelli di Saturno. La Voyager 2 ha esplorato anche Urano e Nettuno, quest’ultimo nel 1989, ed è l’unico veicolo spaziale ad aver visitato in sequenza tutti e quattro i pianeti esterni a Marte oltre ad essere ancora l’unica ad aver visitato gli ultimi due.
Entrambe le sonde, dopo la conclusione della missione primaria continuano a funzionare e a comunicare con la Terra e stanno svolgendo quella che è stata definita “missione interstellare” cioè l’analisi dello spazio inesplorato che si estende oltre Nettuno verso i confini del sistema solare. Le due sonde, infatti, sono gli oggetti costruiti dall’uomo che si trovano alla distanza maggiore che sia stata mai raggiunta. In particolare Voyager 1 si trova a quasi 22 miliardi di km dal sole, ovvero 20 ore luce, vale a dire oltre 144 volte la distanza Terra/Sole mentre Voyager 2 a 18 miliardi di km, ovvero quasi 17 ore luce cioè 119 volte la distanza Terra/Sole. Voyager 1 ha oltrepassato, quindi, la cosiddetta “bolla solare”, la regione di particelle cariche che circonda il Sole, ben oltre le orbite dei pianeti, entrando in una zona di transizione. Secondo la Nasa, Voyager 1 ha varcato quel confine più o meno il 25 agosto 2013.
La sonda Voyager 2 ha seguito le orme della sua gemella e ha recentemente lasciato la “bolla” del Sole intorno al 5 novembre scorso; mentre per la gemella l’uscita dallo spazio dominato dal vento solare è stata desunta da dati indiretti a causa del malfunzionamento dello strumento denominato Pls (Plasma Science Experiment), il “salto” della Voyager 2 oltre i confini del Sistema solare è stato documentato proprio da questo apparato, identico a quello che nella Voyager 1 aveva smesso di funzionare dal 1980, e qui, invece, ancora perfettamente attivo. Lo strumento misura il flusso di particelle provenienti dal Sole (vento solare), che crea la bolla chiamata eliosfera che avvolge tutti i pianeti del Sistema solare. Le misure relative a velocità, densità, temperatura, pressione e flusso del vento solare hanno mostrato un forte declino di tutti i parametri del vento solare. La conferma ulteriore del primo passo della Voyager 2 al di fuori della zona di influenza del Sole è arrivato da altri tre strumenti a bordo della sonda, che misurano raggi cosmici, particelle a bassa energia e campo magnetico.
Quando la pressione esercitata dal vento solare (che diminuisce man mano che la bolla si espande lontano dal Sole) diventa uguale a quella dell’ambiente circostante si forma un’onda d’urto che determina il confine tra il dentro e il fuori della zona d’influenza del Sole.
Ma è bene precisare che, a differenza di quanto, con superficialità, comunemente affermato in questi giorni dai mezzi di informazione di tutti i tipi, le due sonde non sono ancora fuori dal sistema solare. Voyager 1 è a 21 miliardi di km da noi mentre Voyager 2 è a 18 e ci vorranno ancora centinaia di anni perché le due sonde arrivino alla nube di Oort, il serbatoio gelido dove sono parcheggiate le comete del sistema solare e che ne rappresenta il confine, e ci vorranno altre migliaia di anni ad attraversarlo.
Il segnale emesso oggi dalle Voyager è molto debole: solo 23 watt, quanto un lampadina, ed impiega 17 ore circa a raggiungere la Terra e, data la grande distanza, arriva ridotto a una frazione di un miliardo di watt: per riceverlo si utilizzano una serie di antenne che hanno un diametro che varia dai 34 ai 70 metri. Le sonde viaggiano ad una velocità rispetto al sole di 17 (Voyager 1) e 15 (Voyager 2) Km/s percorrendo ogni anno 3,6 e 3,3 volte la distanza Terra/Sole, distanza che è anche una unità di misura, comunemente definita Unità astronomica, abbraviata UA.
Si prevede che la loro vita operativa possa durare altri 8/9 anni, permettendo alle sonde di continuare a comunicare con la Terra fino al compimento del loro cinquantesimo anno di “vita” per poi comunque continuare a trasmettere i loro dati telemetrici per ancora tanti anni, pur con una potenza talmente bassa, da non poter essere più percepita. Le sonde, obbedienti al principio di inerzia continueranno comunque a viaggiare, sempre più silenziose, fino ai confini del Sistema solare e poi nello spazio interstellare; tra circa 18.000 anni Voyager 1 avrà percorso un anno luce vale a dire circa un quarto della distanza che ci separa dalla stella più vicina!
Fonti dei dati: Nasa/JPL
Manifesto della Nasa relativo alla Missione Voyager. Credit: Nasa/JPL
Immagine artistica della Sonda Voyager 1. Credit: Nasa/JPL
Vulcani attivi su Io, satellite di Giove, fotografato dalla sonda Voyager 1. Credit: Nasa/JPL
Immagini degli anelli di Saturno fotografati dalla Voyager 1. Credit: Nasa/JPL
Urano ripreso dalla Voyager 2 nel 1986. Credit: Nasa/JPL
Particolare di nubi alte su Nettuno ripreso dalla Voyager 2 nel 1989. Credit: Nasa/JPL