Tiziano Schiavone, dottorando in Fisica all’Università di Pisa (UniPi), socio del Gruppo Astrofili Galileo Galilei, ha recentemente ricevuto la notizia che un suo articolo verrà pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “The Astrophysical Journal”. In questo lavoro viene approfondito uno dei maggiori problemi aperti della cosmologia moderna: la cosiddetta tensione sulla costante di Hubble.

Autori dell’articolo in pubblicazione su “The Astrophysical Journal”:
Maria Giovanna Dainotti, Assistant Professor presso il National Astronomical Observatory of Japan e The Graduate University for Advanced Studies, SOKENDAI;
Biagio De Simone, neo-laureato in Astrofisica dell’Università di Salerno;
Tiziano Schiavone, dottorando presso l’Università di Pisa;
Giovanni Montani,
ricercatore presso l’ENEA di Frascati e Adjunct Professor presso l’Università la Sapienza di Roma;
Enrico Rinaldi,
ricercatore presso l’Università del Michigan (USA);
Gaetano Lambiase, Professore Ordinario presso l’Università di Salerno.

Nell’articolo che segue Tiziano ci spiega la sua ricerca e i risultati della stessa, senza mancare di fornirci  un quadro introduttivo sulla questione.

Dalla scoperta dell’astronomo Edwin Hubble nel 1929, è noto che l’Universo a grandi scale si sta espandendo in tutte le direzioni: in media le galassie si stanno allontanando reciprocamente l’una dall’altra, se si tralasciano le interazioni gravitazionali locali tra le galassie più vicine. Si può cercare di immaginare questo effetto di espansione (che in realtà avviene in 4 dimensioni!), appiccicando delle monete su un palloncino, che viene poi gonfiato. La superficie del palloncino rappresenta lo spazio-tempo, mentre le monete indicano le galassie. Quando il palloncino viene gonfiato, le galassie non risentono internamente di questo effetto (le dimensioni delle monete restano ovviamente le stesse), ma si allontanano l’una dall’altra con un tasso di espansione che valutato oggi è dato per l’appunto da…la costante di Hubble!

Analogia comune dell’Universo in espansione come un palloncino che viene gonfiato. Le galassie si allontanano reciprocamente sempre di più. image credit: https://oneminuteastronomer.com/

Gli effetti dell’espansione dell’Universo si avvertono solo su enormi scale spaziali. Inoltre, a complicare di più il quadro teorico cosmologico, si è scoperto nel 1998 che, contrariamente a quanto si pensava all’epoca, questa espansione dell’Universo sta avvenendo in maniera accelerata. Perché è così importante la costante di Hubble? Conoscendo il valore di questa costante e altri parametri cosmologici, è possibile stimare, ad esempio, l’età dell’Universo (circa 13.8 miliardi di anni), la distanza di oggetti molto lontani da noi, il futuro ed il destino di questa espansione.

La scoperta dell’espansione accelerata dell’Universo è avvenuta grazie ai dati ricevuti dalle Supernovae (SNe), potenti esplosioni che rappresentano l’atto conclusivo della vita di una stella molto massiva, che collassa. Queste esplosioni avvengono nelle galassie e sono talmente estreme da risultare più luminose delle galassie stesse per giorni. Le SNe possono trovarsi a diverse distanze da noi e più sono lontane, più la loro luce ci fornisce informazioni su come erano le galassie tanti anni fa. Infatti, la luce impiega un certo intervallo di tempo per arrivare dalla sorgente fino a noi.

Ma c’è un problema serio riguardo alle misure sulla costante di Hubble… Il valore ottenuto dall’analisi dati delle SNe non è in accordo con quello fornito dai satelliti per lo studio della radiazione fossile primordiale. Quest’ultima rappresenta una mappa della luce residua dei primissimi fotoni liberati nell’Universo, solo 380.000 anni dopo il Big Bang.

Mappa della radiazione cosmica di fondo a microonde. Si tratta dell”impronta” più antica possibile prodotta dai primi fotoni nell’Universo, solo 380000 anni dopo il Big Bang. I dettagli della mappa con i vari colori indicano le fluttuazioni in temperatura dell’Universo primordiale. Image Credit: Esa

La tensione sulla costante di Hubble” spiega Tiziano, “è proprio questa enorme discrepanza: i risultati ottenuti da misure indipendenti (SNe e radiazione fossile) forniscono valori che non sono statisticamente compatibili.”.

A questo punto, entriamo più nello specifico sull’articolo in questione.
La nostra idea” continua Tiziano, “è stata quella di testare se la costante di Hubble sia …effettivamente una costante! Per fare ciò, abbiamo preso il nostro campione di SNe, abbiamo ordinato queste ultime in base alla loro distanza da noi e poi abbiamo suddiviso il campione in tanti piccoli intervallini, ciascuno contenente un gran numero di SNe. A quel punto, attraverso un intenso lavoro di analisi dati, abbiamo ottenuto delle stime della costante di Hubble all’interno di ciascun intervallino per capire se il suo valore cambiasse al variare della distanza. Sorpresa: la costante di Hubble sembra manifestare una lenta e inattesa evoluzione!”

Andamento della costante di Hubble al variare della distanza delle SNe analizzate nei vari “intervallini”. Si osserva una lenta e inaspettata decrescita della costante di Hubble, segnalata dalla linea rossa in figura. I grafici originali si possono trovare nell’articolo indicato tra le fonti.

Si, ok, ma tutto ciò come si lega al problema della tensione sulla costante di Hubble?

Se la costante di Hubble non è davvero costante, ma evolve nel tempo, allora il suo valore è diverso in base alla distanza dell’oggetto che viene studiato. Oggetti a diverse distanze da noi sono associati a diversi tempi passati dell’Universo. In effetti, estrapolando l’andamento evolutivo che abbiamo ottenuto a grandi distanze, abbiamo ritrovato anche il valore fornito dalla radiazione fossile.”

Quindi, la tensione fra misure indipendenti viene spiegata attraverso una possibile evoluzione della costante di Hubble. Ma da che cosa può dipendere questa inattesa evoluzione?

La tensione sulla costante di Hubble non va sottovalutata, poiché potrebbe essere un segnale che qualcosa non va nell’attuale modello cosmologico standard. A tal fine, possono essere testati a maggior ragione modelli di gravità modificata, alternativi a quelli basati sulla Relatività Generale di Einstein, per cercare di risolvere i problemi irrisolti, i quali sono spesso sintomi di una crisi. Il problema sulla tensione della costante di Hubble rimane aperto, ma questo tipo di sfide sprona i ricercatori a trovare una naturale spiegazione”.

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La versione dell’articolo in pre-pubblicazione (arXiv) è disponibile nel primo link nelle fonti.

Fonte:
https://arxiv.org/abs/2103.02117

https://journals.aas.org/astrophysical-journal/

Immagine in evidenza Credit: NASA/JPL-Caltetch/ESA and the Planck Collaboration/SINC

L’autore del presente articolo  si è limitato a riportare concetti e nozioni del socio Tiziano Schiavone