La prima aurora boreale… Come si fa a raccontare? Basti pensare che nel momento in cui sono uscito dal camper ho cominciato a piangere come una fontana.

Qui non facevo ancora panoramiche estreme, ero un appassionato che aveva pianificato nei minimi dettagli uno dei viaggi più belli della sua vita.

L’Islanda è un posto incredibile, ma altrettanto tiranno: il meteo non è assolutamente prevedibile, nuvole, pioggia, vento, neve e sole fanno esattamente come vogliono, senza curarsi minimamente dell’uomo, senza dare alcun preavviso dei cambiamenti climatici.

Fortunatamente, sono una persona abbastanza tenace, difficilmente mi arrendo, in questo caso poi, dopo aver visto per giorni che il sole stava generando venti solari fortissimi, è stato proprio necessario mettercela tutta.

Venivo da 5 giorni di “fatica”, lo scrivo tra virgolette perché definirla tale è un azzardo, ok, è molto molto impegnativo, ma la ricerca di tramonti – albe – aurore è una linfa vitale che alimenta costantemente ogni appassionato di fotografia di paesaggio.

Avevo già avuto qualche “sfiammata” verde sulla cascata di Oxararfoss, mi prendeva in giro, si mostrava e si nascondeva, non avevo fatto abbastanza per averla.

In costante contatto con amici dall’Italia che seguivano la mia avventura e mi aggiornavano costantemente sulle tempeste solari, raggiungo la zona est dell’isola, consapevole che, proprio la notte del 21 Marzo (l’equinozio) avrei avuto la mia chance… Era prevista una Kp7 (la scala va da 1 a 9) non ci credevo nemmeno io.

Arrivato su Jokulsarlon, la laguna degli iceberg più famosa al Mondo, cielo sereno. L’atmosfera era surreale, si percepiva che nell’aria ci fosse qualcosa di diverso, di unico.

Finisco di scattare il tramonto e mi metto a cucinare un risotto ai funghi porcini, dubbioso, non sapevo cosa sarebbe successo, speravo, cercavo di capire.

“Io spero che tu sia a Jokulsarlon, ma conoscendoti, sarai già lì…”

Il messaggio su whatsapp di Ottavio, è arrivato puntuale, ed io, puntuale, ero lì.

“Lo sapevo… Stasera devi metterti gli occhiali da sole, vedrai.”

Nemmeno finisco di leggere il messaggio che parte la tachicardia (ed io faccio 41bpm al minuto in condizioni normali), comincio a non capirci più nulla, smanio.

Mangio, mi appoggio sul letto, e aspetto…

“Bom bom bom bom oooooooh esciiiii c’è giàààà!”

La voce della mia compagna di viaggio, Giorgia, che era uscita a fumare una sigaretta, accompagnata da pugni sulla porta del camper, era il momento.

Guardo lo zaino, era tutto già pronto, dovevo solo mettere la giacca ed uscire.

Esco, una debole luce illumina le operazioni di montaggio del cavalletto, preso dall’euforia sbaglio ad agganciare una fotocamera e metto il cavalletto in spalla, lanciandola in aria, il chaos.

Faccio i 50 metri che mi separavano dalla laguna, trovo i ghiacci da mettere in primo piano e da lì, esattamente come un ubriaco in discoteca, comincio a non capire più nulla.

Il cielo esplode letteralmente, ogni parte della volta celeste prende un colore diverso, verde, giallo, fucsia, incredulo comincio a piangere di gioia, mi dimentico completamente le fotocamere e urlo a squarciagola, non avevo idea di quello che stava succedendo, non capivo quale magia stesse illuminando a giorno quello scenario così incredibile.

Una volta ripresa lucidità, scatto fino alle 3:00 di notte senza sosta, ovunque, sopra, sotto, ad est, ad ovest…. era dappertutto, una follia.

Esausto torno al camper, poggio gli strumenti di “guerra” dove capita, senza nemmeno curarmi di rimettere in ordine, ero finito.

Ore 3:40, nel letto, con la manica della maglia pulisco la finestra appannata che avevo a fianco del cuscino, era ancora lì, danzava molto più leggera, lenta, come a darmi il buon riposo dopo la “tempesta”.

Credo che, nonostante l’impegno profuso per realizzare questa foto, le ore dedicate a parlarne durante i workshop, i miei racconti… nulla possa veramente rendere giustizia a ciò che si vive lassù, la gioia immensa di assistere ad uno dei fenomeni più incredibili del nostro universo va vissuta di persona.