Nelle notti senza luna basta allontanarsi dai centri abitati per vedere facilmente la Via Lattea, una striscia biancastra di forma irregolare che taglia la sfera celeste attraversando varie costellazioni come Cassiopea, il Cigno e l’Auriga.

Per i Vichinghi la via Lattea era la strada che portava al Valhalla, per gli Incas la strada, ricoperta di polvere d’oro, che conduceva alla dimora degli Dei e per gli Egizi la cicatrice lasciata sulla volta celeste dal Sole durante il suo percorso diurno.

Da parte della maggior parte degli “scienziati” e dei filosofi classici, la Via Lattea fu liquidata con poche e spesso superficiali speculazioni; non riuscendo a collocarla nel quadro di ciò che si conosceva si preferiva ignorarla o farla oggetto di poche considerazioni.

Il primo a provare in modo inconfutabile la natura stellare della Via Lattea fu Galileo Galilei che, a partire dal 1609, osservandola attraverso il suo telescopio, si accorse che si trattava di una miriade di stelle ammassate le une alle altre tanto da apparire come un tutto unico. Né Galilei né le generazioni di scienziati immediatamente successive, riuscirono a capirne l’essenza e cioè il fatto che essa rappresentava la parte visibile, la firma, di quell’insieme di stelle, polveri e gas che oggi chiamiamo galassia, la galassia che ospita il nostro sistema solare.

Solo alla metà del 1700 l’insegnante di navigazione e appassionato di astronomia (astrofilo per usare un termine a noi  molto caro) Thomas Wright, rappresentò l’universo come un sottile guscio sferico di stelle orbitante intorno a un punto centrale invisibile e di grande massa. In una rappresentazione del genere, guardando in direzione tangente al guscio, si vedono mote più stelle di quanto non se ne vedano guardando in altre direzioni.

Il concetto di Wright fu ripreso dal grande filosofo tedesco Immanuel Kant, secondo il quale la Galassia altro non era che un grande disco di stelle appiattito e con un rigonfiamento centrale. Kant ipotizzo che la nostra galassia fosse soltanto una tra una miriade di sistemi stellari simili e separati da grandi distanze e identificò quelli che chiamò “universi isola” con le nebulose che i primi grandi telescopi della fine del 1700 iniziavano a scoprire in numero sempre maggiore. Essendo un filosofo, quelle di Kant erano speculazioni non basate su osservazioni ma, nonostante ciò, segnarono l’inizio di un’epoca di profondi mutamenti nelle teorie astronomiche. La presenza di infiniti sistemi stellari, composti da miliardi di stelle, se da un lato relegava l’uomo in una posizione sempre meno privilegiata alla periferia di un universo molto più vasto e complesso, dall’altro spingeva gli astronomi ad approfondire le ricerche finalizzate ad appurare la forma, le dimensioni e le caratteristiche del sistema stellare che ci circonda.

Le prime teorie scientifiche furono opera di uno dei più grandi e famosi astronomi del 1800, l’inglese Frederick William Herschel, che fece una vera e propria conta delle stelle presenti in zone perpendicolari alla Via Lattea: partendo dall’assunto che le stelle fossero distribuite nello spazio in modo uniforme, giunse alla conclusione che il numero di stelle visibili in una determinata direzione dipendeva esclusivamente dalla profondità dello strato di stelle in quella direzione. In questo modo era possibile, ragionando al contrario, risalire alla profondità dello strato stellare in quanto più stelle ci sono e più profondo è lo strato stellare. In tal modo fu possibile una prima, anche se approssimativa, misurazione delle distanze e, quindi, della forma della galassia: la Via Lattea disegnata da Herschel era alquanto frastagliata e il sole era posizionato approssimativamente al centro.

Solo nel primo decennio del 1900 si ebbe la consapevolezza della forma della nostra galassia anche se si continuava a credeva che il sole fosse più o meno al centro. Nel 1918 l’astronomo americano Harlow Shapley, studiando la distribuzione degli ammassi globulari, giunse alla conclusione che il centro della galassia fosse ben distante da noi e che il sistema solare si trovasse solo alla sua periferia. Per approfondire l’argomento si rinvia all’articolo “Dove siamo“.

Immagine della nostra galassia così come ricostruita da Frederick William Herschel. Image credit: ESO – Caroline Herschel

 

Campo largo della Via Lattea realizzato con grandangolo 16 mm, scattata dalla sede del GrAG in località Lasco di Picio (Monte Romano) del nostro socio Alessandro Cantarelli.