Puntando un piccolo telescopio verso la costellazione della Lira, alta nel cielo nelle notti estive, circa a metà strada tra le stelle beta e gamma, si potrà ammirare un oggetto di forma tondeggiante e luminosità diffusa.
È la nebulosa planetaria M57 (M sta per Messier e 57 è il numero dato all’oggetto. Di questo famoso catalogo, ne abbiamo parlato qui: https://www.facebook.com/CosmoGraG/posts/989013404615280).
M 57 appartiene ad una tipologia di oggetti definiti nebulose planetarie ma non ha nulla a che fare con i pianeti del nostro sistema solare, né con quelli, ormai numerosissimi, scoperti attorno ad altre stelle. Il nome è dovuto alla forma tondeggiante che richiama quella di un pianeta e al suo scopritore, Antonie Darquier, che, nel 1779, fu colpito dalla somiglianza dell’oggetto, anche per le dimensioni apparenti, con Giove.
In realtà basta un telescopio un po’ più potente per appurare che M57 non è un disco, ma uno spesso anello, una specie di ciambella, con un buco scuro nel centro, dove brilla una piccola stella.
M 57 ripresa dal Telescopio Spaziale Hubble. Credit Nasa/Esa/HST.
Ma come nasce una nebulosa planetaria?
Tutte le stelle, in ogni fase della loro vita, perdono materia. Anche il Sole riversa continuamente nello spazio enormi quantità di particelle cariche elettricamente (protoni, elettroni) che vanno a costituire il cosiddetto Vento Solare. Ma la normale emissione dovuta al vento solare è così bassa, in proporzione alla sua massa, che solo dopo migliaia di miliardi di anni il sole disperderebbe nello spazio circa metà della sua materia.
Molto prima, fra “soli” 5 miliardi di anni circa, il Sole, così come tutte le altre stelle che hanno una massa simile, subirà profonde trasformazioni a causa del progressivo esaurimento dell’idrogeno, carburante necessario alla fusione nucleare. Le stelle, nella fase “normale” della loro esistenza raggiungono un equilibrio tra la forza di gravità che tenderebbe a far collassare gli strati verso il centro e la pressione di radiazione, che, causata dalla fusione nucleare, tenderebbe a farlo espandere.
Questo equilibrio viene meno quando l’idrogeno termina, trasformato in Elio dai processi di fusione. La parte centrale della stella cessa di produrre reazioni nucleari, mentre uno strato più esterno, ancora ricco di idrogeno, continua a “bruciare” facendo gonfiare a dismisura la stella. Lo strato più esterno, viene espulso verso l’esterno mentre gli strati interni si contraggono diventando così sempre più caldi.
Nasce così una piccola stella, detta Nana Bianca circondata da un involucro di gas in allontanamento, gas che, illuminato dalla stessa, risplende nello spazio. Il risultato è una nebulosa planetaria proprio come M 57. Lo spesso anello esterno rappresenta ciò che originariamente era lo strato più esterno della stella, è composto prevalentemente da idrogeno ed è visibile in quanto gli atomi che lo compongono sono eccitati dalla radiazione emessa dalla stella centrale.
Le dimensioni dell’anello di gas possono variare in base, soprattutto, all’età della nebulosa stessa. In quelle più giovani l’anello sarà meno esteso e più vicino alla stella centrale rispetto alle nebulose più vecchie. Con il passare del tempo, misurato in migliaia di anni, anche la forma della nebulosa cambierà; l’anello diventerà sempre più sottile perché espandendosi disperderà la sua materia su una superficie sempre più ampia e allora, al telescopio, non vedremo più un anello ma un dischetto più grande ma di luminosità più tenue e diffusa.
Le dimensioni di una nebulosa Planetaria dipendono, quindi, dall’età. M57, vecchia di soli 20.000 anni, è un oggetto ancora compatto con un diametro di circa mezzo anno luce.
Un esempio di nebulosa più evoluta è, citando sempre il catalogo di Messier, M27, nella costellazione della Volpetta. Il suo diametro è di circa 2,5 anni luce e il gas che la compone evidenzia tenui sfumature verso i bordi, in quanto i gas vanno appunto diradandosi nello spazio circostante.
M27 fu la prima nebulosa planetaria scoperta da Messier e osservata per la prima volta nel 1764.
M27 ripresa dal socio Grag Giorgio Mazzacurati con Telescopio Sky-Watcher 250/1000 Widephoto e camera Atik 314L+
Le nebulose planetarie visibili sono oggetti galattici, che si trovano, cioè, all’interno Via Lattea. Quelle conosciute e, quindi, catalogate sono ben oltre il migliaio, ma molte altre popolano la nostra galassia.
Non tutte le stelle terminano la loro esistenza in modo così “tranquillo”, abbiamo, ad esempio, già accennato all’evoluzione che caratterizza le stelle molto più massicce del nostro sole: http://www.grag.org/tempo-di-supernove-sn-1987-a/
Costellazione della Lyra come rappresentata nella Uranographia dell’astronomo Johannes Hevelius, 1690.