L’OPOD di oggi ci mostre la Nubi Nottilucenti (acronimo inglese NLC) sulla Conca Ampezzana. La foto è stata scattata dalla cima del Monte Pelmo della guida escursionistica Giovanni Mattiello.
Le nubi nottilucenti sono le nuvole più alte conosciute e si formano nella mesosfera, al di sopra anche della stratosfera, ad una quota di circa 80-85 km di altezza, dove la temperatura scende ad un minimo di -100°C. Sono anche conosciute con il nome scientifico di “nubi polari mesosferiche”, poiché si formano prevalentemente ad alte latitudini, oltre il circolo polare. E’ molto difficile che nubi si possano formare nella mesosfera poichè la pressione è bassissima (1/100.000 rispetto al suolo) ed il ghiaccio, per formarsi in queste condizioni, ha bisogno di una temperatura più bassa di -123°C. La mesosfera inoltre è molto secca, ed è piuttosto raro che delle particelle di vapore acqueo riescano a raggiungere queste quote.Quando questo avviene, le molecole d’acqua si legano alle particelle di pulviscolo meteorico (ciò che resta delle stelle cadenti) in sospensione, creando minuscoli cristalli di ghiaccio del diametro di appena 0,1 micron che sono illuminati dai raggi del Sole, e si rendono visibili appena inizia o temina la notte quando il suolo è già avvolto dal buio. Le condizioni migliori di osservazione si verificano quando il sole si trova circa 10 gradi al di sotto dell’orizzonte (un’ora prima del sorgere oppure un’ora dopo il tramonto). Le nubi nottilucenti sono state osservate per la prima volta nel 1884, appena dopo l’eruzione del vulcano Krakatoa, e si formano solamente nel periodo attorno al solstizio d’estate. L’origine del vapor d’acqua mesosferico è ancora dibattuta. Per spiegare la maggior frequenza di queste nubi (a Varese sono state osservate per la prima volta nel 2017, e quindi ancora nel 2020 e 2021) si ipotizza l’immissione di vapor d’acqua in mesosfera dovuto ai lanci spaziali, la dissociazione del metano (gas serra in aumento) ad opera dei raggi UV solari o la diminuzione della temperatura alle altissime quote a cusa della maggior opacità infrarossa dovuta all’aumento dell’anidride carbonica (testo tratto dal sito del Centro Geofisico Prealpino-Statistiche Meteorologiche).
Rubrica curata da Marco Meniero e Marcella Botti per conto del #GrAG
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