Furono Ian Sheltone e Oscar Duhalde, in servizio all’Osservatorio di Las Campanas sulle Ande cilene, i primi ad accorgersi della presenza di un nuovo astro ai margini della Nebulosa Tarantola.

Era la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1987 e quella improvvisa stella di quinta magnitudine che appariva sulle lastre fotografiche era la prima supernova “quasi” galattica apparsa in era “telescopica”.

Collocata nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, SN 1987 A si trova a 165.000 anni luce da noi, quindi la luce vista quella sera e le successive, aveva iniziato il suo viaggio circa 165 mila anni prima.

Si trattò della supernova più brillante degli ultimi quattro secoli, che continuò a risplendere con un’energia pari a 100 milioni di soli per parecchi mesi dopo la sua scoperta fino ad arrivare alla magnitudine 3 il successivo mese di Maggio.

Una «super-nova», questo era il termine originale coniato da Fritz Zwicky (1898-1974) e usato per la prima volta in alcune pubblicazioni da Walter Baade (1893-1960) intorno al 1930, è un’enorme esplosione che rappresenta l’ineluttabile evoluzione di stelle particolarmente grandi e brillanti. La stella esplosa quella sera era una supergigante blu, di nome Sanduleak che si stima avesse una massa di circa 20 volte quella del Sole e che, esplodendo, ha riversato nello spazio circostante una quantità di polveri sufficiente a costruire 200 mila pianeti di massa equivalente a quella della Terra. Nelle stelle di massa simile a quella esplosa quella sera di 165.000 anni fa si creano, infatti, gli elementi pesanti, fino al ferro, che costituiscono il mondo che ci circonda.

Vi sono principalmente due tipi di supernovae. La SN 1987 A viene definita di Tipo II, ovvero è stata generata da una stella di massa tale da terminare la sua vita in un modo molto spettacolare, con una violenta esplosione che disperde la maggior parte del materiale stellare nello spazio a velocità elevatissime. Il guscio di detriti che si espande rimane visibile nello spazio tra le stelle per migliaia di anni prima che si disperda nel mezzo interstellare, lasciando visibili residui noti come “resti di supernova”, mentre la parte centrale della stella, dentro la nuvola circostante, è compressa fino a diventare una cosiddetta stella di neutroni.

SN 1987 A è stata la supernova più vicina alla Terra ad essere osservata in centinaia di anni ed è diventata una delle più studiate al fine di comprendere i meccanismi che conducono una stella verso la fine. In particolare, appena operativo (in orbita dal 1990, quindi tre ani dopo l’esplosione), il telescopio spaziale Hubble è stato il primo a vedere in alta risoluzione i resti della  supernova, e ha immortalato strutture di gas e polveri le cui origini non sono ancora del tutto chiare: un anello di gas del diametro di circa un anno luce, probabilmente preesistente all’esplosione risplende intorno ai resti della stella, mentre due cerchi più deboli sono disposti in maniera tale da ricordare la forma di una clessidra.

Statistica: la frequenza con la quale le supernove compaiono in una galassia è stimata in 2 o 3 al secolo.

La foto che segue mostra supernova 1987 A dopo l’esplosione nel Febbraio 2017, sulla sinistra, mentre quella sulla destra è un’immagine precedente all’esplosione. Credit: Australian Astronomical Observatory.

 

Il telescopio spaziale Hubble ha iniziato a osservare la supernova 1987 A nel 1990, appena operativo. Questa foto è del Gennaio 2017 e mostra, quindi, l’attuale aspetto della supernova. Credit: Hubble space Telescope

 

Le successive immagini, scattate tra il 1994 e il 2016 dall’Hubble Space Telescope della NASA, mostrano la luminosità dell’anello di gas, di circa un anno luce di diametro, che circonda la stella esplosa. Gli astronomi hanno rilevato il primo punto luminoso nel 1997, ma ora l’intero anello interno si è illuminato. Credits: NASA, ESA, and R. Kirshner (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics and Gordon and Betty Moore Foundation), and P. Challis (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics).

 

Quella che segue è invece una rappresentazione artistica del materiale attorno alla supernova 1987 A. Credit: ESO/L. Calçada

 

Qui abbiamo invece un’immagine della via lattea ripresa dall’emisfero meridionale dove è visibile la Nebulosa Carina in rosso e le due nubi di Magellano, la piccola e la grande in alto e a destra. Credit:ESO/H. Stockebrand

 

Infine la Via Lattea si inarca sopra l’osservatorio di Cerro Paranal dell’ESO, nel deserto di Atacama in Cile. Ben visibili sono le due nubi di Magellano – la piccola e la grande nube – che risplendono tra i due telescopi. Credit. ESO/Y. Beletsky